sabato 27 marzo 2010

Vivo in uno strano paese

Vivo in uno strano paese. Dove quando esprimi un’opinione hai sempre qualcuno che ti dice «Ma allora sei del PD (o PDL, o UDC o AN ecc.)», insomma dove un cittadino che, magari, vuole solo vivere in una città migliore, deve per forza esistere al servizio di un partito.
Invece che il contrario.
Quindi, se una domenica mattina un’intera città si sveglia e, pale e carriole alla mano, va a liberare il suo centro storico dalle macerie, immediatamente c’è qualcuno che la dipinge rossa, nera, viola. E non si capisce che i cittadini vogliono solo la propria città, desiderano essere nuovamente una comunità, sentono il bisogno di essere protagonisti nella L’Aquila che verrà. Punto.
Ma non basta.
In questo strano paese, l’informazione è succube dei partiti, che se la litigano e dividono a loro piacimento: questo programma sì, quell’altro no, questa persona in prima serata, quest’altra di notte. I varietà impazzano e l’isola dei presunti famosi divide il parlamento. E noi cittadini a guardare, a volte sopiti, altre increduli, spesso nauseati, a volte consapevoli e, quindi, quello schermo oramai è divenuto solo un oggetto di arredo.
Poi arrivano le elezioni. I cittadini non possono vedere certi programmi! Oscuriamoli!
Le carriole aquilane fanno da pendant a vari politici e non serve gridare «Non venite», ci vengono a posta, a volte mettendosi anche alla guida del corteo sussurrando «Seguitemi!». E noi pazienti, a spiegare che non abbandoneremo mai la nostra città, che siamo assieme per partecipare al processo di ricostruzione, che stiamo cercando di scrivere cosa vogliamo che sia la nostra città, che vogliamo rimanere, che ci occorre lavoro, aggregazione.
Non serve a nulla: ora siamo rossi, ora neri, ora viola. Mai cittadini. Ce li hanno incollato addosso quei colori, perché è più facile catalogare che ascoltare.

E siamo al paradosso: domenica e lunedì si vota. Come sappiamo, nel periodo di apertura dei seggi non sono permesse manifestazione politiche, comizi di partiti e l’esibizione di simboli, specie vicino ai seggi.
Ergo le carriole non possono tornare. Perché essendo rosse, nere e viola, sono un simbolo partitico, politico e, quindi, vietato pulire la città, persino andare al Castello, con i bambini, a piantare fiori. Nonostante questi luoghi siano lontanissimi dai seggi.

Così questi cittadini, strumentalizzati, colorati dei più assurdi colori, si devono fermare, per loro, per il bene loro, per leggi fatte da loro, per norme che assicurino la serenità del voto, per non strumentalizzare il voto … per far vedere ancora una volta che questo sistema partitocratico non ammette che le persone esistano indipendentemente dai loro partiti.

Io domenica non ho nulla da fare se non andare in centro. Sarà mica vietato fare una passeggiata, incontrare persone, parlare discutere, lucidare carriole e pale! Se così fosse, bene: DENUNCIATECI TUTTI.

2 commenti:

  1. Verissimo prof. prima che persona sei un'appartenente...anzi, ultimamente sei "o con x o contro x" E questo purtroppo, riguarda tutti. spesso giudicano le giovani generazioni per il loro muoversi per gruppi, nel "branco"; almeno a loro serve a dare quella sicurezza che una società scollata, individualista,non riesce a dare. Nella politica il branco serve a perpetuare il potere dei cacicchi, che utilizzano quelli che una volta erano i partiti solo a fini di conquista o mantenimento di personale potere e privilegio. Facciamo bene a proclamare il nostro status di CIVES, che combattono per il nobile obiettivo di riavere una civitas ed una polis, nella quale vivere in comunità e con identità condivisa. Un abbraccio Totò

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  2. E quindi scambiarsi opinioni in Piazza è salutare! Io domani in Piazza vado a parlare con i miei concittadini. E magari pulisco le carriole: insomma faccio il tagliando!

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