lunedì 17 maggio 2010

Collemaggio alla città

Ieri sembravamo una troupe di Striscia la notizia: entrati nell’ex-Ospedale Psichiatrico ci siamo simbolicamente riappropriati del piano terra di uno dei 27 edifici dell’area. Lo stabile in questione, come molti altri, ha subito danni lievi a seguito del sisma, ma il tempo, l’incuria, la faciloneria, la mancanza di strategie adeguate, di lungimiranza, di senso etico della “cosa pubblica”, di razionalità nelle scelte, di un minimo di ascolto dei cittadini, hanno ridotto, negli ultimi 10 anni circa, il nostro parco di Collemmagio in stato di abbandono.
All’interno di questo enorme stanzone, che puzzava di muffa, di stantio, di polvere secolare, un laboratorio artigianale: falegnameria, ceramica, tipografia. E poi ammucchiati: sedie a rotelle nuovissime, montascale cingolati per disabili, centinaia di pacchi di pannoloni per incontinenti, cateteri sigillati, cuscini modernissimi anti-piaghe da decubito, farmaci di tutte le specie (scaduti e buoni), attrezzi vari per riabilitazione, stampanti per computer abbandonate, chili di polvere unta: qui le foto
Abbiamo ripulito tutto. La Polizia è venuta ad accertarsi di eventuali furti (nostri), e così la mia idea di portare almeno le sedie con rotelle in Ospedale, dove scarseggiano, non è potuta andare in porto.

L’area di Collemaggio è della città e alla città deve rimanere. Tante idee abbiamo messo in campo per un utilizzo immediato e vantaggioso.

A Collemaggio io ho lavorato per svariati anni. Dapprima presso un centro ricerche di un’azienda privata e poi da Universitaria: il mio dipartimento era lì, prima dell’apertura della sede di Coppito.
La struttura è molto bella anche perché circondata da giardini di grande pregio. Immediatamente dopo il sisma alcune delle attività che venivano svolte all’interno di questa struttura è stata spostata in container che, chiaramente, dovevano essere provvisori. Ma la mancanza di un progetto e la lentezza nella ricostruzione, anche degli edifici con lievi danni, fanno sì che ora quei container siano quasi-definitivi e sembra che nessuno si occupi della riqualificazione di quell’area ora molto necessaria alla città: si parla di vendita, come se quella zona non servisse.

Di idee concrete ce ne sono tante, ma senza un masterplan, un’idea di città o più semplicemente in mancanza di qualsiasi cosa che non sia profitto, non si va da nessuna parte.

Un masterplan segreto: questa la ricetta del nostro commissario che il vice neanche discute.

Un’occasione il terremoto. Sì, ma per chi?

La nostra città sta morendo, quella che avevamo e quella che vorremmo.

Al suo posto il progetto faraonico e persone che abbandonano la città.

Nessun commento:

Posta un commento