domenica 19 dicembre 2010

Qualcosa non è cambiato


E’ quasi Natale. Così, anche controvoglia, si va in giro per acquisti. Ho consultato un opuscolo che ho ricevuto per posta, nel quale si possono leggere gli indirizzi nuovi di tutti i vecchi negozi. La prima reazione è stata rabbia, perché quello che prima si faceva con una bella passeggiata, ora si fa percorrendo chilometri e chilometri. Poi arriva la tristezza, perché sarà così per tanti anni e già oggi capita che, se si nominano i “Quattro Cantoni”, c’è qualcuno che pensa al nuovo centro commerciale fuori città. Tant’è.
In giro per negozi si scambiano chiacchiere e pareri. In questi giorni la neve e il gelo sono i temi più discussi. E discorrendo del più e del meno, ci si divide.
«Avete sentito cosa è successo alle caldaie del progetto C.A.S.E.? Povera gente! » dice una signora.
«Non esageriamo adesso, è sempre successo a L’Aquila, non è la prima volta » ribatte un’altra, cominciando ad enumerare tutte le volte che in passato ha avuto problemi col freddo.
«Va bene, ma quelle case sono nuove! » cerca di dire la prima.
«Ma cosa volevate, ce le hanno date in fretta, non potevano essere perfette, hanno i problemi di tutte le case » incalza l’altra.
«Sarà che forse ora tutto ci appare più duro, siamo allo stremo» sussurra la prima delicatamente.
«Ma che allo stremo! Basta prendere una stufetta e cercare di andare avanti. Per l’acqua calda, scaldatela, per quella potabile, compratela per qualche giorno ».
La prima signora, che poi è la commessa del negozio, mi guarda e fa spallucce, poi si avvicina e mi dice: «Ho cinquant’anni, a me non era mai successo che la caldaia gelasse, si vede che queste nuove sono diverse».
Intanto l’altra parla a voce alta e sentenzia: «Questi che abitano nelle C.A.S.E. pretendono pure che qualcuno vada a cambiar loro le lampadine» e mi viene in mente che questa frase l’avevo già sentita giorni fa. Mi viene un nervoso che non riesco ad esprimere a parole. Ma è più forte di me e allora chiedo: «Possibile che siamo qui, fuori L’Aquila, dentro un negozio che prima stava in centro e parliamo dei nostri concittadini come se parlassimo di una razza inferiore? Perché non ci chiediamo tra quanto tempo questo negozio potrà tornare in centro e che fine hanno fatto le migliaia di commercianti e artigiani che affollavano la città? Perché non ci chiediamo cosa sta facendo questo ghiaccio nelle crepe dei nostri centri storici? »
Cala il silenzio, la titolare del negozio si commuove.
La cliente aquilana esce dal negozio con una sua amica e non posso fare a meno di notare la scia di profumo che si lascia dietro. Una scia uguale a mille altre, quelle di sempre, che sanno di ore e ore passate davanti allo specchio a scegliere la collana migliore, l’anello più brillante, la pelliccia più unica, le scarpe più di moda, per andare, prima di Natale, a fare acquisti fuori città. E fare ancora, come sempre, la prima donna, che sentenzia e con sufficienza va via, voltando le spalle e non degnando di alcuna risposta, una sua coetanea in pantaloni e scarpe da montagna, con tanto di giacca a vento, che stamattina ha fatto una doccia fredda, non si è lamentata, è uscita e le sembrava che qualcosa fosse cambiato. E invece no.
Jamo ‘nanzi!.

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