lunedì 30 agosto 2010

Indovina chi viene a cena?



Un mio amico.

Non lo vedevo da tempo. Cena al centro dell’Aquila. Locale “chic”.

Il mio amico, lo chiamerò Andrea per motivi di privacy, ha un bimbo di 15 mesi, insomma nato col terremoto. La sua compagna la conobbi che era incinta. Lavora e vive a Roma, pur essendo aquilana. Andrea abita a L’Aquila e lavora qui: è commerciante. La sua casa è in centro storico, quindi off limits.  Quando lo incontrai, prima del terremoto, mi raccontò dei suoi progetti, assieme alle difficoltà che avrebbe incontrato dovendo lavorare a L’Aquila con la famiglia a Roma. Poi è arrivato il terremoto.

Non ha avuto, da commerciante, nessun aiuto, tranne 800 Euro per tre mesi. Il suo negozio non ha subito danni materiali essendo fuori città, ma certo i suoi incassi sono precipitati. Invece i pagamenti da effettuare sono sempre gli stessi. Merce invenduta da pagare. “Come tanti altri” mi ha detto. E Andrea ha anche dei dipendenti.

Ad agosto riempì il famoso modulo per il censimento delle necessità abitative e dichiarò, come la maggior parte degli aquilani, solo la verità: è aquilano, abita in zona rossa, lavora a L’Aquila, ha un figlio, la sua compagna vive a Roma.

Gli è stato assegnato un alloggio nel progetto C.A.S.E. per single: un monolocale. Andrea ha una vita molto movimentata. Comunque abita a L’Aquila, o meglio vi dorme, per tre notti la settimana. Il fine settimana porta la sua famiglia qui, ma spesso, di giorno, è al lavoro o, la domenica, nel paese di origine della sua compagna dove, tra l’altro, abita sua suocera che provvede al bambino, spostandosi tra Roma e Castel del Monte.

Il 16 di agosto Andrea riceve la visita di un messo comunale. Portava la notifica di sfratto dal progetto C.A.S.E.. Di giorno, infatti non lo avevano mai trovato in casa (ricordo che lavora e che, essendo solo, magari non pranza a casa e, forse, cena con amici). I vicini hanno dichiarato di averlo visto poco. I consumi rilevati non sono sufficienti. Andrea non ha fatto una piega ed è rimasto nella sua C.A.S.A. Giorni fa qualcuno è arrivato nella sua casa a riprendersi le chiavi. E vi ha trovato il bimbo con sua mamma che giocava con lui. Attimi di panico e imbarazzo. “Dov’è il titolare della C.A.S.A.?”  “E’ al lavoro”.

Chiamato al telefono è arrivato come una furia, chiedendo spiegazioni. Ha dovuto rivolgersi ad un avvocato e presentare a sua giustificazione le ricevute dell’autostrada con le quali dimostrare che lui torna a L’Aquila, per lavoro. La situazione, tuttavia, non è risolta. E non sa che fare. Ha detto che si incatenerà e gli ho promesso che lo farò con lui. Perché la dignità non ha prezzo.

Poi siamo usciti dal ristorante. Pioveva. Andrea mi ha offerto un passaggio per arrivare dalla Fontana Luminosa alla Villa. Gli ho detto “No, voglio camminare sotto la pioggia”. E invece ho cominciato a correre nella mia città deserta e bagnata. Correvo urlando:” L’Aquila è nostra”. Nessuno poteva sentirmi. Quando ho incontrato le camionette dei soldati ho gridato: “L’Aquila è mia”, devono avermi presa per pazza.

E mi sono sentita tanto bene. Liberata.

L’Aquila è nostra. 

 


sabato 28 agosto 2010

Che bella Perdonanza!



Stamattina ero agitata. Avevo sentito alcuni amici cui avevo espresso perplessità circa la partecipazione al Corteo della Perdonanza. Da un paio di giorni, infatti, le critiche volavano. Avevo tentato di capire tanto astio, senza riuscirci. Avevo tentato di parlare con qualcuno. Nulla. Le carriole, in sintesi, non dovevano “infangare” il corteo sacro della città.
E hai voglia a spiegare le nostre intenzioni, nulla è stato compreso: sul web non guardi la gente negli occhi.
Il web si è così riempito di strani commenti, si sono susseguiti sondaggi. Non riuscivo a capire, non riesco a capire.
Comunque la decisione era stata presa e mai avrei lasciato soli i miei amici.

Come concordato ci siamo sistemati ai lati della strada ad aspettare il corteo. A seconda della situazione avremmo deciso eventualmente di aggiungerci in coda.
Lo stesso comportamento hanno avuto gli altri ragazzi (per di più non molto convinti delle carriole) che ordinatamente hanno steso degli striscioni di contestazione. Quello che è successo lo avete saputo dai giornali. La polizia ha tentato di staccare gli striscioni e poi, con una violenza assurda, ha cominciato a strattonare, per di più una ragazza mingherlina. Dopo alcuni momenti di urla, la situazione è tornata normale con gli striscioni appesi.
Intanto la gente si avvicinava a noi e guardava all’interno delle carriole i nomi delle strade, dei quartieri, dei paesi, dei palazzi, delle chiese che avevamo portato simbolicamente lì ad assistere al corteo. Sorrisi, strette di mano.
Al passaggio del corteo abbiamo applaudito o siamo rimasti in silenzio: applausi per i Vigili del Fuoco, per i rugbisti, l’Università, per gli atleti, gli sbandieratori, i paesi, i nostri quarti. Silenzio per Chiodi, Del Corvo, il Sindaco, Letta (fischi e grida per quest’ultimo, per di più ben nascosto dietro il feretro di Celestino).

E poi ci siamo accodati al corteo, al grido L’Aquila L’Aquila, oppure cantando L’Aquila bella mè. Titubanti, timorosi, ma fieri. Ovvio, temevamo i tanto inneggiati fischi.

E invece un mare di applausi. Grazie, gridavano, L’Aquila è nostra!! Cantavano con noi, gridavano ricostruzione, ricostruzione. Foto, strette di mano, gente in piedi ad applaudire con gioia.
Appendevano con noi alle transenne i nomi di quelle strade chiuse, buie, abbandonate. Forza L’Aquila, urlavamo tutti assieme.
Ci guardavamo stupiti pensando ai pensieri assurdi della mattina. Ai commenti spigolosi sul web, ai sondaggi, al fango sulla Perdonanza. Che invece si era tramutato in due ali di folla festante, commossa, forte e gentile.
Il mondo è fuori dal web, è tra la gente.
La gente come noi che ha sofferto e soffre. Per non avere una città. Per non sapere cosa fare per riaprirla, ricostruirla. Gente che ha paura. Che si ritrova in centro, sgomenta, in mezzo a turisti cui spiegare che quelle decine di cartelli appesi sono solo foto della nostra città. Che non c’è più.
Ma c’è la speranza, che si riaccende con poco. Con un giorno di festa.
Applaudendo persone che, con tanti difetti, hanno dimostrato di amare la città.
Nonostante tutto.

giovedì 26 agosto 2010

LE CARRIOLE






Ho 53 anni (e mezzo). Ho avuto tantissimi momenti indimenticabili nella mia vita. Piacevoli e meno. Ma stasera mi va di ricordare il bello, l’emozionante. Perché mi fa bene.
Ricordo, dopo il terremoto, tante giornate buie e la tristezza. L’amaro, l’incredulità, la solitudine. Le urla che ti si fermano in gola.
Ma stasera ho rivissuto con gli amici, al “Boss”, la mia giovinezza e poi, d’incanto, la nascita delle carriole. Un momento entusiasmante, colmo di emozione. I cui significati si intrecciano e si intersecano nei ricordi di tutti. Un mare calmo la città, e noi cittadini come velisti ad annusare ogni alito di vento.
L’essere comunità, il rivolere la città, la rabbia, la gioia, la necessità di essere assieme, la cura delle nostre ferite, il toccare la morte per rinascere.
Tutto poi ci è scivolato di mano. Non so perché. Ogni ipotesi è valida.
Ma mi va solo di ricordare le callarelle che passavano di mano in mano, gli applausi, i sorrisi, gli abbracci, la fatica: spaliAMO L’Aquila.

Per questo le carriole accompagneranno la Bolla del Perdono. 

Per ricordarci la storia recente. Di una città che non c’è più. Dove gli abitanti dispersi stentano a trovare un percorso comune. Dove è difficile rispolverare dalla memoria le strade, i vicoli, le piazze, i palazzi, le frazioni, i borghi …
Si va in corteo. Con le carriole. Piene dei nostri ricordi.
I nomi di tutte le strade, di tutti i quartieri, di tutte le piazze, di tutte le frazioni, di tutti i comuni del cratere, di tutti i palazzi. Riempiranno le carriole, alla partenza. E poi adorneranno le transenne, quelle che ci separano da ciò che eravamo e stentiamo a dire che siamo ancora.
Perché il dolore, provarlo intendo, ci sembra ancora un lusso. Dopo tanti lutti. Dopo tanta solitudine. Dopo tanta amarezza. Dopo le speranze spezzate.
Ci siamo, ancora, perché negarlo?

Ore 15.00, sabato. Fontana Luminosa. Carriole, callarelle, secchi e pale. E tanti cartelli da appendere per la bolla del perdono.

Che mi perdoni Via Coppito se oggi, scrivendola, stentavo a ricordarla.

mercoledì 25 agosto 2010

LA PERDONANZA

A L’Aquila si rinnova il rito solenne della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua che Celestino V, la sera stessa della sua incoronazione a pontefice, concesse a tutti i fedeli di Cristo.
Celestino V, incoronato Papa il 29 Agosto 1294 nella Basilica di Collemaggio, decise per questo evento di concedere una speciale indulgenza, chiamata Grande Perdonanza. Concesse il perdono a coloro i quali, dopo confessione e con pentimento, avessero oltrepassato la Porta Santa della Basilica.
Il 28 Agosto si rinnova questo evento, con l'apertura della Porta Santa che è preceduta da un corteo storico.
Nel corteo, la Dama della Bolla, accompagnata dal Giovin Signore, porta l'astuccio contenente il Documento del Perdono.
Dinanzi la Basilica, inizia la cerimonia di apertura della Porta Santa. Il Sindaco legge il prezioso documento e poi un Cardinale, designato dalla Santa Sede, percuote per 3 volte la Porta con un ramoscello d'ulivo e ne ordina l'apertura.
Segue una messa solenne e l'esposizione della Bolla all'interno della basilica.
Alla 715esima edizione della Perdonanza Celestiniana (2009) parteciparono TUTTI.

Gianni Letta e Guido Bertolaso varcarono la Porta Santa per paura di noi cittadini (eravamo in 10 –dieci-) qualche tempo fa, anche se non era il 28 agosto (leggi qui ). Ed anche se non sono praticante, l’evento mi sembrò non solo ridicolo, ma soprattutto ingiusto. Un rito, profanato. Senza che nessuno fosse in pericolo. E Celestino V si rigirò nella tomba.

Tornano, caro Celestino V, tornano sabato, al corteo della Bolla. A farsi perdonare nuovamente, per la terza volta.
Ed io vorrei portare al corteo il silenzio, il vento tiepido di questi giorni di una città che non c’è più. Che annega. Che soffoca. E che, nonostante tutto inneggerà i salvatori, anche se qualcuno di loro alle 3e32 del 6 aprile 2009 se la rideva.
E la città moriva per sempre.
Vorrei portare in corteo il freddo della morte che attanaglia la città, anche se il vento tiepido ti accarezza mentre la percorri abusivamente. Vorrei portarci le pietre roventi, i sassi lisci, le bifore spezzate…
… Le anime nascoste dentro la polvere. In corteo, certo. Ad accompagnare la Bolla. Non per essere perdonati, ma per mostrare il coraggio, di gridare ancora.
Di urlare la vita: quella perduta e quella che perdura. Nonostante tutto.
Nonostante….
… eravamo lì tutti alle 3e32.
E non passerò attraverso la Porta Santa. Non riesco a pentirmi di essere stata a casa quella notte.
Dovrei pentirmi se fossi scappata, non avvertendo gli altri.

Il corteo storico accompagnerà la Bolla.
Il corteo si è arricchito, ormai. Di chi resiste a qualcosa che non so definire meglio: volgarità.
Ci sarò. Con una carriola. Vuota o piena non so.
Ma stasera non mi importa: sono riuscita a piangere.

La rivolta



Ieri sera breve passeggiata in città: Piazza San Biagio, via Sassa, via Sallustio, via Cavour.
Sul Corso, una delle poche strade aperte, tanta gente; in quelle strade, invece, il silenzio ed un venticello tiepido improbabile.
La sensazione che mi accompagna in queste passeggiate non è mai la stessa: ieri rivedevo le vecchine della foto e mi chiedevo dove sono ora. Guardavo i palazzi di via Sallustio vuoti, ormai neanche più visitati dagli abitanti, e mi chiedevo «Dove è questa gente ora?»
Dove è la mia città? E pensare “non c’è più” a quasi 17 mesi dal sisma, fa più male. Quasi che ad ogni visita comprendi di più, ti spaventi di più, ti incazzi di più.
Sì, perché poi viene la rabbia, quella dell’impotenza.

Negli ultimi mesi ci sono stati regalati un Commissario alla ricostruzione con annesso vice-commissario. Poi una Struttura tecnica di missione di cui conosciamo solo il “capo”. Prima delle vacanze ci hanno regalato un poker di esperti (che chissà se almeno hanno visitato la nostra città, nel frattempo). Dopo le vacanze arriva un altro vice-commissario.
La città, però, è sempre sola, chiusa e ben lontana da essere il più grande cantiere d’Europa. Qualcuno ci disse che bisognava partire dai sottoservizi (rete fognaria, idrica, elettrica eccetera), ma non vediamo neanche uno scavo. Poi avevamo sentito dire di lavori che potevano cominciare in una parte della città (Santa Maria di Farfa, mi sembra), ma nulla è successo. Era stato annunciato il 6 aprile scorso, un masterplan segreto: ci arrabbiammo per questa segretezza. Per poi scoprire che non c’è per niente: doveva essere questo il segreto.
I soldi, quelli veri, non ci sono. Quelli finti altalenano: un giorno ci sono, l’altro no. Oggi mi sembra di no, non vorrei comunque sbagliarmi, perché neanche ieri c’erano.

Poi ci sono piccole cose, che non ci sono neanche quelle:
  • Le note informative da parte di Comune e Regione riguardo i comportamenti da tenere in caso di sisma, men che meno ci sono i piani di emergenza. Insomma tutto come il 5 aprile 2009.
  • Le macerie: penserete che sono un problema risolto! No, neanche quello. Abbiamo avuto l’approvazione comunale per un nuovo sito atto allo smaltimento e al recupero, ma non sappiamo se sarà sufficiente, quante tonnellate smaltirà al giorno, chi ci lavorerà, che tipo di recupero e guadagno avremo …… e, udite, non esiste un’agenda che ci chiarisca l’inizio dello smaltimento o almeno i tempi di allestimento di detto sito.
  • Il Comune ha approvato il regolamento sulla trasparenza, ma non ne vediamo l’applicazione
  • Si continua a costruire invece che a recuperare l’esistente, senza alcuna logica lungimirante, tutto viene gestito come se fossimo in una situazione normale
  • … e potrei continuare a lungo …..

L’altra sera in assemblea una giovane donna richiamava alla mente di tutti la rivolta.

Io mi chiedo: cos’altro deve succedere per rivoltarsi sul serio?



lunedì 23 agosto 2010

La Valle del Belìce

Sono stata in Sicilia. La conosco abbastanza bene.
Cinque anni fa trascorsi quasi venti giorni a Eraclea Minoa, vicino Agrigento, e girai l’isola in lungo e in largo.
Mi capitò di leggere su una locandina che, nella serata del 14 agosto, ci sarebbe stata in un paese del Belìce, una serata dedicata alle stelle e decisi di andare. Percorsi una statale che si snoda tra la valle del Belìce e la trovai molto bella: verde, non arsa come il resto, piena di agrumeti.
Intanto si fece buio e cercavamo la piazza della “festa”. La trovammo e rimasi sgomenta: era una piazza nel nulla, una piazza nuova costruita dopo il terremoto del Belìce. Un luogo assurdo dove qualche persona aspettava la festa. Non capii subito. Ma risalendo in macchina arrivammo al paese, quello nuovo. Un ammasso di case tutte con antenna satellitare. Non una luce, non una persona per strada. Non ricordo il nome di quel paese del Belìce. Non capivo.

Ora ho capito.
Per avere un’idea, guardate e leggete qui .

venerdì 20 agosto 2010

Ricordate?

L’assemblea dei cittadini a Piazza Duomo è la cosa più bella che abbiamo a L’Aquila. Ma langue inascoltata. Succede che per essere ascoltati, considerati, per avere voce in questa città, bisogna imporsi, in qualche modo.
Abbiamo obiettivi a medio termine (la legge di iniziativa popolare) , ma credo sia ora di delineare piccoli obiettivi a breve, brevissimo, termine. E li dobbiamo gridare e raggiungere. Perché la nostra città è sempre lì, abbandonata, tetra e buia.
Ricordate? Abbiamo iniziato sollevando il problema delle macerie. A distanza di mesi, il problema è sempre lì, davanti a noi e sotto l’obiettivo dei turisti del macabro. Penso sia ora di chiamare i responsabili del Comune e capire se le nostre proposte di lavoro “sulle macerie” sono state mai prese in considerazione.
Ricordate? Abbiamo chiesto a gran voce al Sindaco di indire la prima assemblea “plenaria” a Piazza Duomo per descriverci i piani di emergenza di cui il Comune dovrebbe essere provvisto. Non sappiamo nulla, lo sciame continua ……
Ricordate? La struttura tecnica di missione: da chi è composta? Chi sta lavorando, per cosa?
Ricordate? I quattro grandi esperti? Che stanno facendo? Con chi si confrontano?
E via così….. il CAS, la riapertura di “corridoi” nel centro storico, i soldi che ci sono e non ci sono..
Insomma, ci facciamo sentire?
Intanto sabato assemblea e consueta passeggiata per le vie del centro.

mercoledì 18 agosto 2010

TRANSENNE A TERRA!

Ohibò!!! C’è una novità a L’Aquila! Ci sono 35 milioni di Euro, sì 35 milioni di Euro disponibili per progetti sociali. Una manna, che arriva da donazioni e roba varia: quasi 70 miliardi delle vecchie lire.
La città è completamente cambiata, come sappiamo, a causa del terremoto e della successiva fase emergenziale che ha ridisegnato, per sempre, il nostro territorio. Per la ricostruzione abbiamo un commissario e una struttura tecnica di missione, ma non un masterplan, un progetto, men che meno condiviso! Così, con questi 35 milioni di Euro, spargeranno qui e là nuove strutture (si parla di palestre, centri polifunzionali – non mi sembra che si parli di biblioteche, ad esempio-), senza nessun criterio se non quello inneggiato dall’assessore plurimandatario Stefania Pezzopane, che dice di aver fatto una specie di sondaggio tra gli abitanti dei vari progetti C.A.S.E. (tranne la sottoscritta, a quanto pare).
Sorgeranno, quindi, nuove costruzioni, qui e là, nelle frazioni, con criteri scelti nelle stanze segrete da chi, tra le deleghe, ha quella nuova: LA PARTECIPAZIONE.
Senza almeno un urbanista che posizioni i nuovi insediamenti. Senza qualcuno che magari decida di implementare i trasporti per rendere raggiungibile l’esistente, adeguatamente restaurato. Costruire, ancora costruire, senza condivisione. Come fu ai tempi di Bertolaso. Ma i 35 milioni ci sono e tanta gente verrà abbeverata a quella fonte. 35 milioni di Euro che si trasformeranno in voti, ma non in una città che abbia un senso.
Stasera ho trasgredito i divieti e ho rivisto Costa Masciarelli: non ricordavo tutti quegli esercizi commerciali. Trasgredirò ancora e ancora. Sempre.
Come fanno tutti. Promesse trasgredite? Diritti storpiati? TRANSENNE A TERRA!

martedì 17 agosto 2010

Tu risti? No, me ne revajo!


Tu risti? No, me ne revajo!
Dall’Avezzanese vuol dire: resti? No vado via! Ed è un gioco di parole tra turisti e “tu risti?”.

E inizio così perché durante questi giorni nei quali sono stata lontana ho sentito un profondo risentimento degli aquilani nei confronti dei turisti, quelli delle macerie.
Così capita che Anna racconta di alcuni di questi. Chiedevano della Chiesa di San Bernardino ma, quando hanno saputo che non era distrutta, hanno desistito dal raggiungerla, preferendo le macerie della casa dello studente. Molti aquilani si sono indignati, hanno scritto cartelli e dignitosamente, come sempre, sono tornati nelle loro dimore provvisorie con la morte nel cuore.
Mi ha scritto Luigi: Mi trovavo a passare per via XX settembre, come al solito piena di turisti a piedi nonostante il divieto quando, passando davanti alla strada dove c'è l'ex Inam (dovrebbe essere via Sant'Andrea, se non sbaglio), vedo un gregge di turisti oltre le transenne. Mi sono sentito indignato e infastidito perché  io non posso rientrare a casa mia. La mia casa non è distrutta, ma si trova  in ex zona rossa ed è stata classificata “E”. Non posso accedervi, pena la denuncia eccetera eccetera….. Di contro chiunque può arrivare a L'Aquila e, fregandosene delle transenne che IO sono tenuto a rispettare, va a mettersi in posa davanti alle nostre macerie e farsi fare delle belle foto ricordo. Ho denunciato la cosa al primo vigile urbano che ho incontrato, invitandolo ad andare a controllare. Mi ha risposto, ridendo e scherzando che "i turisti c'hanno la precedenza". Nel trattenermi dall'impulso di scendere col cric in mano, ho contestato l'affermazione dicendo che se le cose stanno in questo modo, allora rientro a casa e voglio che mi siano riallacciate le utenze come hanno fatto per banche, hotel, ristoranti e bar. Mi è stato risposto "e rientra!”.  Mi è tornato alla mente quel tizio che, in via Sassa, era stato trovato in casa a vedere la TV mentre faceva ginnastica. Ti dirò: l'ho ammirato e credo che tutti dovremmo fare come lui."


E lo faremo: L’Aquila è nostra. La riapriamo, domani sera, tutti assieme.

lunedì 16 agosto 2010

GLI ODORI

La mia amica Anna mi ha fatto un regalo: ha scritto il post che volevo scrivere io.

C’avevo pensato tutta la notte! A Ortigia: il centro storico di Siracusa. Incantevole, anche se a chiese e palazzi restaurati si alternano case diroccate, abbandonate, balconi cadenti, persiane seccate al sole. Capita anche nelle vicinanze della fonte Aretusa, dove un ristorante all’aperto a piano terra è sovrastato da finestre buie, rotte.
La città è però viva! Ieri sera era piena di gente, tutti siciliani, con gelati, granite, carrozzine e vecchietti sulle panchine. Sono convinta che L’Aquila a breve potrà essere così. Se solo assieme lo gridiamo.
Ho pensato a cosa avrebbero fatto i Siracusani al nostro posto se il centro-città fosse stato così a lungo chiuso. L’avrebbero invaso. Ne sono certa. E’ gente fiera, orgogliosa, gelosa delle proprie abitudini, a volte bizzarre. E nessuno avrebbe avuto nulla da ridire, anzi tutti gli Italiani li avrebbero sostenuti!

Personalmente non me la sento più di vedere le transenne e sbirciare l’erba che cresce nei muri, sui marciapiedi, sulle macerie, dentro le stanze delle case. Superato da tempo lo shock, è arrivata l’ora di non sbirciare più e di andarla ad amare quella mia città.

Torno domani sera nella mia città con l’animo più leggero perché questa vacanza, infine, mi ha fatto capire che è possibile una nuova città all’interno della vecchia diroccata.
E’ necessario, lo dobbiamo a noi stessi.
Una città ferita e aperta dove trascorrere di nuovo la nostra vita comune.

Mercoledì sera, al solito, sarò a Piazza Duomo, all’assemblea dei miei concittadini. Al termine, megafono alla bocca, inviterò tutti a riappropriarsi della città. Annuserò i vicoli e sentirò l’odore del pane, del vino, guarderò i cortili dei palazzi, e sarà il primo passo per risentire le voci che scaldano nuovamente L’Aquila.

sabato 14 agosto 2010

Penisole e città lontana


Penisola della Maddalena (SR).
Sono le 7 di mattina. Guardo il mare. 
Ho sognato le montagne stanotte. E la mia città, diroccata.
Poi ho letto i commenti dei miei amici aquilani. Letti da lontano hanno il sapore di richieste di aiuto, neanche sconnesse.
Un aiuto non generico, ma preciso e circostanziato.
A L’Aquila non ci sono soldi per far nulla. Neanche per sopravvivere.
Questa è la priorità: gli strumenti.
La seconda richiesta che si legge con chiarezza è la seguente:
dateci gli strumenti (soldi) che per il resto ce la facciamo da soli.
Insomma non occorrono comunicati altisonanti, nomi famosi, idee spettacolari! E’ la nostra città, si tratta del nostro territorio, lo conosciamo, sappiamo che fare. Desideriamo che si inizi, poi sappiamo anche per cosa chiedere aiuto.
In questa seconda richiesta c’è anche il desiderio, forte, di rientrare in città, riappropriarsene e non solo simbolicamente, ma con le proprie gambe, i propri passi.

Io so cosa farò appena torno. Festeggerò il mio rientro in centro: aprirò tutte le transenne e volerò per i vicoli.

giovedì 12 agosto 2010

Omertà


Sono in vacanza da 2 settimane. In vacanza, sì, ma non so da cosa.
Neanche le vacanze sono più le stesse per un aquilano.
Ora sono a Siracusa e non posso non chiedermi perché ad un Siracusano dovrebbe fregargliene qualcosa dell’Aquila, o perché dovrebbe sapere come stanno le cose. Un documentario su Rai3 a mezzanotte: scommetto che eravamo solo noi aquilani sparsi per la penisola a guardarlo.

Però un po’ ti distacchi e allora di incazzi pure di più.

Ad agosto figuriamoci se succede qualcosa di decisivo per la città! Eppure “et voilà” viene fuori un bando …. i bandi di agosto: sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 95 del 18 agosto il bando per la realizzazione di una piazza all’interno di Piazza d’Armi. Lo ha reso noto l’assessore alla Ricostruzione, Piero Di Stefano, ricordando che tale progetto, redatto dall’architetto Mario Cucinella, prevede l’allestimento di tale spazio a beneficio del mercato storico di piazza Duomo e per le varie funzioni di aggregazione sociale.
Mario Cucinella, 48 anni, nato a Palermo, cresciuto a Genova dove ha fatto parte del team di Renzo Piano, passato per Parigi e adesso di base a Bologna, ha realizzato un masterplan per Piazza D’Armi: lo ha integrato anche all’interno della città? E quale città? La vecchia o la nuova? Chi ha pagato? Quanto?
Ricordo bene che il Sindaco Cialente ci aveva detto che tale progetto era antecedente al terremoto, quasi a giustificare di averlo fatto realizzare da un noto architetto, non aquilano, naturalmente! Ed alcuni miei amici, molto informati, erano a Bologna, qualche mese fa, quando qualcuno illustrò il progetto. Rimasero di stucco! Non ne sapevano nulla.
Ecco cosa accade a L’Aquila: che uno va a Bologna e un celebre architetto illustra un progetto per la città. E i cittadini nulla ne sanno.
Io sono stanca, davvero stanca.
Voglio sapere, perché è un mio diritto come cittadina, cosa si ha in mente per la mia città, per ogni suo angolo, strada, vicolo, piazza.
Voglio sapere chi sta ridisegnando la mia città, chi sono i “decisori” come dice il mio amico Antonello.

Poi se a Siracusa o a Milano hanno un concetto distorto della mia città, comincio a considerarlo un effetto collaterale.
Di una informazione insufficiente. Di omertà.


lunedì 9 agosto 2010

Sei chiusa

Sei chiusa, ancora chiusa.
Le voci beccheggiano
dal di dentro e dal di fuori.
Le anime camminano
sui sassi ardenti
che bruciano erbacce.
I ricordi straripano
con l’inettitudine di molti
e il coraggio che naviga ovunque.
Era calda la mia casa stamane
e dalle finestre traspirava rancore,
l’ho udito, nella polvere.
E sei chiusa, tappata, bloccata
murata, viva.

BLACK OUT




Sì un black out di 10 giorni. Da tutto, anche da Internet. Dicevano che mi avrebbe giovato. E così è stato. Davvero. Un tuffo nella normalità, a Hvar, Croazia.
Il viaggio è iniziato a Pescara dove ho incontrato un amico che mi ha chiesto: “A L’Aquila come va?” Io h risposto: “Male, grazie”. E lui ha fatto spallucce.
Poi quattro ore di traghetto che mi hanno catapultato in un luogo lontano assai più di 4 ore. Dove era impossibile parlare, non solo dell’Aquila. La lingua Croata è arabo.
Dopo un paio di giorni, come accade a tutte le donne in vacanza, ho cominciato a pensare a piccole innovazioni da portare alla mia casa in settembre. E subito un vuoto, una voragine. Io la mia casa non ce l’ho più.
Quindi i pensieri dovevano per forza andare altrove. Dove?
Non vedevo l’ora di comprare i quotidiani del giorno prima per cercare la mia città. Ed ho letto di arresti, dimissioni per gli appalti post-terremoto. Ma nulla sulla mia città. Non che in 10 giorni dovesse succedere l’impossibile!! Ma che so: una strada, una piazza riconquistate. Nulla.
Con un gommone a motore sono andata a visitare l’isola di Vis e la  Grotta Azzurra sull'isola di Biševo. Il conducente del gommone mi ha chiesto (in inglese): “Di dove siete?” ed io: “Dell’Aquila”. La sua fronte si è corrugata. Allora gli ho spiegato: “La città del terremoto”. Così lui ha capito e mi ha detto che conosce una signora dell’Aquila sposata con uno di Spalato. Gli ho detto: “Lo sai che a L’Aquila, dopo 15 mesi, è ancora tutto fermo?”  E lui, anche lui, ha fatto spallucce.
E tu non puoi neanche arrabbiarti, lì c’è stata la guerra.
Così mi sono lasciata cullare dalla bella acqua limpida dell’isola.
Poi stamane quando ho visto il Gran Sasso, il vuoto si è riempito.

Le notizie qui non sono buone.
Ci hanno persino smontato il tendone in Piazza Duomo, l’unico luogo di aggregazione della città. Sulla collina di Roio, ove nel tempo abbiamo richiamato l’attenzione della nazione con scritte gigantesche (Yes, we camp; SOS), qualche volgare persona ha depositato un pene, sì un pene.

La città intanto langue. Come la mia casa, dove oggi sono risalita. Ed è sempre peggio.
State in campana: qui, in questo mondo parallelo, la lotta si fa dura, così dura che quando non ci sei ti senti in colpa.
E’ agosto: il governo vacilla, il TG1 ci parla della casa a Montecarlo della moglie di Fini e poi ci propina una special su Nico Fidenco, la volgarità prende il sopravvento, più di prima.

Dopo Ferragosto si riapre la città.
Le barriere saranno abbattute.