giovedì 19 maggio 2011

Le vite degli altri (prima puntata)




Si presenta così: alto, benvestito, finto casual, ben curato.
E’ Petullà, un funzionario della Protezione Civile, al momento coordinatore della Struttura di Gestione Emergenza (a L’Aquila), che si cura dell’assistenza alla popolazione. E subito penso: ma li fanno con lo stampino? E comunque, per chi non è aquilano: sì, abbiamo ancora una struttura che si occupa di emergenza, perché a due anni dal sisma siamo ancora in piena emergenza, in tutti i sensi, anche abitativa. Ma come? con tutte quelle case belle che vi ha costruito Silvio !!!! Sì, ma andiamo per gradi.
Petullà si presenta esattamente come avrebbe fatto Bertolaso: calmo, rassicurante, disponibile. «Potete venire quando volete nel mio ufficio, telefonate e prendete appuntamento, anzi, anche senza appuntamento. Sono disponibile a venire a queste assemblee sempre, anche settimanalmente». Ma subito butta le mani avanti: la situazione alloggiativa a L’Aquila è un problema perché durante la prima fase dell’emergenza, per motivi che non ricorda, di case ne sono state costruite poche. E allora? Per questo la Struttura è costretta a fare tutti i controlli di cui ci lamentiamo!! per stanare eventuali errori commessi durante le assegnazioni. Cioè si sfrattano gli aquilani, fregandosene che questi non abbiano dove andare, e si risolve l’emergenza: in pieno stile Protezione Civile. E così si insinua in tutti un dubbio, anzi una certezza: gli aquilani sono bugiardi, furbi e approfittatori. Si fanno assegnare alloggi anche se non ne hanno titolo. E sì, perché a volte non basta essere terremotati e aver perso la casa! Qualcuno fa subito notare che gli assegnatari dei famosi  “bellissimi alloggi antisismici” vennero sottoposti ad un vero e proprio esame per poter giovare di tanto lusso!! Ed io lo ricordo bene, fu pazzesco. Un interrogatorio alla presenza di (vado a mente): 2 funzionari della Protezione Civile, un finanziere, un carabiniere, un rappresentante del Comune e tu, magari con la tua famiglia, con una montagna di documenti, tra cui anche la posta che hai ricevuto negli ultimi mesi nella casa inagibile che, per fortuna, ti ha salvato la vita.
La SGE ha impugnato presso il Consiglio di Stato un po’ di sentenze del TAR che davano ragione ad alcuni terremotati sfrattati, di cui uno reo di avere una figlia che studia fuori: tra le altre cose si legge che la commissione sbagliò ad assegnare l’appartamento evidentemente perché stressata, in quanto terremotata e in surplus di lavoro. Roba da accapponare la pelle. Alcune famiglie ricevono un “gentile” invito a lasciare la propria casa, entro pochissimi giorni. Se non sanno dove andare, sono fatti loro: a proposito di assistenza alla popolazione!
Durante l’incontro in molti son dovuti uscire dal tendone a fumare una sigaretta (persino i non fumatori) perché si era a rischio di reazioni leggermente troppo forti.
Insomma una struttura che si occupa di assistenza alla popolazione cosa deve fare?  Occuparsi di trovare un tetto ai terremotati oppure  fare operazioni poliziesche? Per questo la domanda di Anna Barile alla fine dell’incontro, è stata illuminante «Scusi, avvocato Petullà, ma qual è precisamente la sua funzione?» «Sono il coordinatore della Struttura di Gestione dell’emergenza. Può bastare?». E no, non basta.
Se uno ti chiede come mai, a fronte di 900 persone circa che vivono in albergo e 240 in caserma, ci siano C.A.S.E. libere e forse anche MAP (anche se non lo sappiamo con esattezza), e tu rispondi snocciolando numeri e addirittura dicendo che ci sono persone in via di trasferimento, ma che per delicatezza non si può imporre una velocizzazione, allora tu stai arrampicandoti sugli specchi e, purtroppo, ci consideri stressati e quindi incapaci di intendere e di volere.
Se una persona ti chiede «Ma lei avvocato Petullà di dove è?» e tu rispondi «Ho lasciato la mia famiglia a Ravenna ed ora vivo qui in albergo, che problema c’è?», forse non hai capito che dietro quella domanda c’è la richiesta di noi cittadini di poter interloquire con persone che conoscono la città, i cittadini, le esigenze lavorative eccetera, cioè non abbiamo bisogno di un tecnico che, a tavolino, si occupa delle vite degli altri e cerca di intenerirci con sue scelte personali/famigliari (non me ne abbia la sua famiglia), noi vogliamo uscire dalla fase dell’emergenza abitativa, questo deve fare la suddetta struttura.
Mi fermo qui, è solo la prima puntata. Ho bisogno di calmarmi prima di scrivere il resto……. Ma un’ultima cosa la scrivo «Avete bisogno di unirvi in un’associazione tipo Codacons per far valere i vostri diritti!!» LO HA DETTO LUI: non vi sembra un’ammissione implicita di “colpevolezza”?

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