sabato 17 settembre 2011

Amen

Non volevo scriverne, ma poi un titolone sulle testate giornalistiche aquilane "Ricostruzione: Molinari, "Città bloccata da male oscuro" " mi ha indotto alla lettura e, conseguentemente, ad una reazione. Per chi non fosse aquilano, preciso che Molinari è l’Arcivescovo dell’Aquila.
L’oggetto della disputa è la residenza universitaria San Carlo Borromeo: in sintesi estrema la residenza, finanziata dalla regione Lombardia, fu costruita, immediatamente dopo il terremoto, su un terreno della Curia reso edificabile all’uopo e, nonostante l’accordo tra la Regione Lombardia, Abruzzo, il Comune dell’Aquila e la Curia stessa, la residenza non viene gestita pubblicamente ma in maniera privatistica e da chi?, dalla Curia ovviamente. Di questo, e non solo, si occupò anche la trasmissione Report, subito bollata come di parte, bugiarda e chi più ne ha più ne metta.
Ma non voglio soffermarmi troppo sull’arcinota vicenda, quanto sul “male oscuro” evocato da Molinari. In un primo momento, confesso con una certa malizia, avevo pensato che l’Arcivescovo volesse fare un intervento contro la governance della ricostruzione post-sismica e quindi anche contro se stesso. Ma mi sbagliavo, ovviamente. E le parole virgolettate di Molinari sono state una pugnalata “Ci sono alcuni che quando fanno guerra alla residenza San Carlo dicono che si battono per motivi di giustizia, di legalità, di attenzione agli studenti meno garantiti. Un’enorme bugia!”
Perché questi “coloro”, sono giovani studenti, impegnati, da sempre, per la difesa dei diritti di tutti e indipendentemente dalla visione politica/partitica che Molinari vuole sottolineare, in realtà mai mi sarei aspettata che un Arcivescovo potesse etichettare gli studenti universitari come “male oscuro”. Stride con la sua missione, con la responsabilità che ha nei confronti di tutte le anime. Stridono anche le dichiarazioni del parroco Don Luigi Epicoco, che tante belle parole ha detto anche in TV sui giovani: “Questa gente ha bisogno della polemica, ha bisogno della retorica, ha bisogno di farsi crescere la barba per poter sedere magari in un consiglio comunale autoconvincendosi di essere il baluardo della legalità e del cambiamento, perdendosi però una cosa molto semplice: la realtà” e ancora “Noi non abbiamo bisogno di rimanere iscritti fino a 30 anni all’università per poterci inserire nelle lobby di potere dei partiti o per avere assunzioni dirette dall’Università stessa ed affini.”
Parole di un Parroco e di un Arcivescovo: non mi sembra possibile. Sarà perché sono stata educata cristianamente, da genitori cattolici praticanti, sarà perché nella mia formazione ho frequentato scuole parificate, sarà perché mi sono allontanata proprio per alcuni comportamenti come quelli descritti, che sono felice, di essere così come sono. Di aver sempre mantenuto i sani principi di giustizia, legalità, tolleranza. Di aver discusso, anche animatamente, con coloro che vengono additati come “male oscuro”, senza mai trascendere, neanche nei pensieri, in giudizi così indegni che pongono anche altre istituzioni sotto una lente distorta.
Sarà perché a volte mi capita anche di pregare, a mio modo, quando sono sola, quando penso di aver sbagliato e l’ interlocutore della mia parte spirituale è e resterà mio padre. Non già perché santo, ma un esempio, di cristianità, tolleranza e carità. Mai nella sua vita mi ha rimproverato per alcune prese di posizione divergenti dal suo modo di pensare cattolico, si è limitato, per così dire, ad essere un esempio di coerenza e tolleranza. Persino quando gli dicevano “hai una figlia comunista”, persino nelle discussioni inerenti l’aborto o il divorzio. Non si è mai alzato sbattendo la porta. Forse la sera pregava il suo Dio, affinché mi cambiasse. E ci è riuscito: le mie radici non le rinnego.

Chiudo questo sfogo ricordando al Monsignore e al Parroco che “Il male oscuro” è un romanzo del 1964, di Giuseppe Berto. Un libro che ripercorre la sofferenza dell’autore attraverso il suo vissuto segnato da vicende assai dolorose: la morte del padre e miriadi di sensi di colpa che gli avvelenano l’esistenza. Dominano il romanzo la lotta contro la malattia, così come la  sofferenza per l’ostracismo al quale lo condannano le congreghe letterarie per il suo atteggiamento anticonformistico. Lo salverà la psicoanalisi, non certo un prete.

P.S.: Mi tocca precisare, di nuovo, che chi abita la residenza San Carlo Borromeo, sono studenti e personalmente non ho nulla contro di loro.

2 commenti:

  1. Ho pensato a L'Aquila, la ferita aperta di un paese alla deriva leggendo l'articolo di Nature che ti linko...è in inglese e bisognerebbe diffonderlo in italiano.
    http://www.nature.com/news/2011/110914/full/477264a.html

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  2. Grazie, l'abbiamo letto tutti. Oggi è iniziato il processo. Vogliamo sapere la verità.

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