martedì 5 giugno 2012

Trentotto mesi


Domani saranno passati esattamente 38 mesi dal sima che il 6 aprile 2009 distrusse la nostra città e tutti i centri storici del cosiddetto cratere. Mi preme sottolineare quel numero, trentotto, perché ci sono affezionata. Trentotto secondi è il titolo di un racconto che scrissi durante i primi giorni post-terremoto, in camper ed anche il titolo di questo blog. Scrivevo: “Il titolo riporta il tempo che mi sembra sia passato dal momento in cui mi sono svegliata il 6 aprile 2009, a causa del sisma che ha colpito la mia città, e l’attimo nel quale ho percepito che la scossa si affievoliva. L’ho ricostruito e ricalcolato, ripercorrendo ciò che ricordo di aver fatto quella notte. Mi dicono che la scossa principale è durata meno, ma il mio tempo è stato quello, proprio trentotto secondi. In molti hanno avuto la sensazione che la catastrofe sia avvenuta in una quarantina di secondi e, dato che la nostra percezione è quella che conta, mi sento di dire che il titolo rispecchia il nostro dramma.”
Più in là davo voce ad una speranza: “…non esiste nessun processo inverso che in 38 secondi ci riporti indietro. Questi trentotto secondi li dobbiamo dilatare e ripercorrere attraverso una nuova via per rimettere tutto in ordine. Non basteranno neanche 38 minuti o trentotto ore, neanche 38 giorni, ma forse 38 mesi ben spesi ci ridaranno un po’ di ordine.”

E siamo arrivati al traguardo: sono trascorsi esattamente 38 mesi, insomma 1156 giorni. Che sia trascorso tanto o poco tempo non lo so dire, a volte mi sembra un secolo, altre ieri.
In 1156 giorni, in 38 mesi , possono succedere tante cose: la prima che mi viene in mente, essendo docente universitaria, è che ci si può laureare; un bambino nato 38 mesi fa, ora cammina, parla e va all’asilo; in 38 mesi la mia casa poteva essere ricostruita due volte, i tempi tecnici sono, infatti, 18 mesi.

E qui comincia una storia incomprensibile. Il più prezioso immobile della mia città, non ha tempi tecnici di ricostruzione superiori a 38 mesi, nonostante questo i lavori di ristrutturazione ancora non hanno nemmeno inizio; certo c’è voluto tempo per progettare, approvare eccetera, ma evidentemente la burocrazia ha tempi più lunghi di 1156 giorni. In 38 mesi si sono costruiti alcuni immobili pubblici che, però, dopo 1156 giorni hanno ancora problemi di gestione e, quindi, sono chiusi al pubblico. Così potrà anche avverarsi un qualcosa di assurdo e cioè che un centro polifunzionale per studenti universitari, inaugurato in pompa magna, verrà aperto proprio quando gli studenti delle  Facoltà che dovrebbero usufruirne si saranno trasferiti lontano, sulla collina di Roio.
Qualcosa è andato bene, però (almeno a sentire il Commissario): pensate in “appena” 38 mesi sono state riparate le case poco danneggiate per una spesa complessiva  di 590 milioni di Euro e, finalmente, ben 34.102 persone sono ritornate in città, dopo mesi e mesi di lontananza, durante la quale tra alberghi e autonoma sistemazione si sono spesi svariati milioni di Euro e la città è rimasta vuota, persino nelle periferie. Mi domando ancora perché si è cominciato a non programmare nulla e si continui così, evidentemente abbiamo preso una brutta piega!

Vi confesso che avrei voluto scrivere tutto un altro tipo di post, anzi stavo quasi per concluderlo, quando su Facebook sono incappata in questa foto


e questo è il relativo commento:Chi ancora parla di come è stata gestita l'emergenza sisma a L'Aquila dal governo Berlusconi si deve vergognare. Dove sono tutti i "carriolanti"? Perché non vanno in Emilia a protestare contro il governo visto che il loro amico Santoro sta mandando interviste di terremotati che dormono in macchina e dicono: SIAMO SOLI!!!”

In una sola parola, quella foto la trovo deprecabile e non già perché sono aquilana, ma perché sono terremotata, come gli Emiliani. E ricordo perfettamente i primi giorni dopo il sisma, dove al contrario di quanto possa pensare l’autrice del fotomontaggio, c’era tanta gente che dormiva in auto, altrettanta in tende all’interno dei giardini: impauriti, ancora non consapevoli pienamente dell’accaduto, scioccati da tante vite spezzate. E forse dimentica le tendopoli, forse non c’è mai stata. Ricorda gli alberghi, evidentemente, come segno di lusso sfrenato che ci è stato concesso, dimenticando la sofferenza di tanti lontani dalla città, vuota, nella quale, contemporaneamente, altri decidevano, in maniera irreversibile, il destino di questo territorio.

Ma ora basta, non ho voglia di dire sempre le stesse cose,  mi rendo conto che in questi trentotto mesi io sono cambiata, tanto. Come penso sia normale dopo una catastrofe di questo genere. Così cambiata che aborro i confronti, oggi in atto ovunque, tra L’Aquila e l’Emilia, così cambiata che auguro ai miei connazionali terremotati una ricostruzione veloce, e li ringrazierò, se ci riusciranno, a nome dell’Italia tutta; sono così cambiata e ancora in cambiamento che ho deciso che butterò il mio cuore al di là di queste dannate piastre, per guardare avanti assieme ai tanti concittadini, cresciuti in consapevolezza durante questi 38 mesi. A tutti quelli che facendo autocritica ora ci sono e sono assieme, senza più scontri e individualismi né, tanto meno, con colpe da scaricare su altri. 

Io spero con tutta me stessa che tra altri 38 mesi potrò dire che sarà iniziata la mia quinta vita: quella dentro una città.

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