martedì 18 settembre 2012

Come va?

Puntellamenti stanchi: L'Aquila, luglio 2012



La sensazione che mi assale quando qualcuno mi chiede “Come va a L’Aquila?” è  di vergogna.
Vergogna perché le risposte alternative sono:
«Come vuoi che vada!»
«E’ tutto fermo!»
«Come sempre, da 3 anni a questa parte»
Eccetera.
I più accaniti, a questo punto, incalzano con una seconda domanda: “Di chi è la responsabilità di tutto ciò?” e qui la risposta si fa più difficile, per la diffusa corresponsabilità di diversi attori: Berlusconi, Bertolaso,  Chiodi, Cialente, la destra, la sinistra, il centro, la Regione, la Provincia, il Comune, i Comuni, le macerie, la triade Cineas, Fintecna, Reluiss, i tecnici, gli approfittatori, i soldi, il Decreto Abruzzo, le ordinanze, la legge, il concorsone, l’OCSE … insomma ancora vergogna. 

Che poi c'ho provato a dare  buone notizie, solo che sono frammenti di “presunta normalità” in una città inesistente, con una economia allo sfascio, con gente che se ne va e quella che DOVREBBE arrivare.

In effetti a tre anni e mezzo dal sisma si dovrebbe poter dire e scrivere ben altro. Si dovrebbe parlare di ricostruzione, di gru, di sotto-servizi, di attività che ripartono, di scuole che riaprono, di operai che lavorano, di realizzazioni utili e condivise, di gente che comincia a sorridere.

Chiunque si avvicini a L’Aquila non può che rimanerne sbigottito, non può che andarsene con la netta sensazione che c’è qualcosa di enormemente ingiusto e sbagliato, che però non ha un nome.
Purtroppo nessuno sembra aver capito che se le condizioni di vita, la qualità delle nostre vite, non migliorano, c’è ben poco da sperare che si torni a volare. 

Ho fatto un giro in città: le periferie brulicano di vita, purtroppo sommerse dal traffico, ma la vita c’è. Anche un sacco di cantieri aperti.  Poi in centro: alcune imprese lavorano (specialmente a Santa Maria di Farfa), ma appena svolti, ti assale il silenzio. Una situazione paradossale. Che però va affrontata, con decisione, per rendere le nostre vite migliori. Perché quelle periferie saranno la nostra città per tanto tempo.
Occorre conoscere i tempi, soprattutto per le case in centro, perché le persone sono persone ed hanno il diritto di programmare la propria vita.
Certe volte, spesso, sono pessimista: non credo che ci sia un modo  di destra o di sinistra per ricostruire la nostra città, esiste solo un modo di dirigere i fondi da una parte o dall’altra. Ci voleva una classe dirigente lungimirante e appassionata. Non c’è stata.  

Dovremmo esserlo noi.


2 commenti:

  1. Cioè, fammi capire, quel puntellamento è uscito dalla cornice della finestra e ci stava dentro? azz

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  2. Dalla cornice della porta, Barbara, e non è l'unico!

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