venerdì 4 gennaio 2013

Europeisti?




Si susseguono in questi giorni, da parte di tutti i politici (o quasi), dichiarazioni del tipo “Siamo europeisti”. Temo che queste dichiarazioni che anche i meno “addetti ai lavori” percepiscono come “elettorali”, si riferiscano soprattutto alla sfera finanziaria.
Ma quando si dichiara di essere europeisti bisognerebbe riferirsi a tutto tondo sia ai principi fondanti, sia alle varie risoluzioni del Parlamento europeo durante questi ultimi anni, altrimenti noi cittadini ci sentiamo leggermente presi in giro. Il premier uscente asserisce che i “temi di civiltà” non fanno parte della sua 'Agenda', rivelando di avere un'idea della società limitata ai soli temi economici. Gli fa eco più di qualche esponente del PDL che paventa come alcune “prese di posizione” vadano contro i principi della Chiesa”, manco la stessa facesse parte della UE. Per non parlare di alcuni esponenti del PD, che riguardo i diritti civili farebbero bene a ripassarsi la nostra Costituzione. Altri preferiscono il silenzio su questi temi, li vorrebbero far percepire come squisitamente etici, come se l’etica dovesse non interessare la politica.
Durante questa campagna elettorale dove risuonano parole quali “Fiscal compact” “Spread”, “Pareggio di bilancio” “Eurobond” quasi come una minaccia, risultano assenti altri temi europeisti sui quali, a quanto pare, è meglio glissare. E allora vediamo se qualcuno ne parlerà.
Non so ancora cosa farò il giorno delle elezioni, anche se ho l’impressione che non potrò esprimere un voto se alcuni temi non verranno nemmeno sfiorati.

Primo tra tutti “l’uguaglianza uomo donna”: quanto sono Europeisti i nostri politici?
L'uguaglianza tra le donne e gli uomini rappresenta uno dei principi fondamentali sanciti dal diritto comunitario. Gli obiettivi dell'Unione europea, in materia di uguaglianza tra le donne e gli uomini, hanno lo scopo di assicurare le pari opportunità e l'uguaglianza di trattamento tra donne e uomini, nonché di lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso. Questo tema è essenziale in termini di lotta contro la povertà, di accesso all'istruzione e ai servizi sanitari, di partecipazione all'economia e al processo decisionale, eccetera. L’indipendenza economica, infatti, si può raggiungere lottando contro la discriminazione, gli stereotipi nell'educazione, la segregazione del mercato del lavoro, la precarietà delle condizioni di occupazione, il lavoro part-time involontario e lo squilibrio nella suddivisione dei compiti di assistenza tra donne e uomini. Di contro, nell'Unione europea non esiste ancora una pari retribuzione tra donne e uomini (per lo stesso lavoro o lavoro di pari valore), le donne nei processi decisionali e nelle posizioni di potere continuano ad essere sottorappresentate rispetto agli uomini, sia nel settore pubblico che in quello privato. Per non parlare del rispetto della dignità e dell’integrità delle donne, ma anche la fine della violenza basata sul genere, e in questo caso la Commissione ha adottato una Carta per le donne volta a potenziare la promozione della parità tra donne e uomini, in Europa e nel mondo. Infatti, le disparità legate al genere hanno conseguenze dirette sulla coesione economica e sociale, sulla crescita sostenibile e la competitività, nonché sulle sfide demografiche.

 Ed arriviamo ai diritti civili: quanto sono Europeisti i nostri politici?
 Il Parlamento europeo chiede agli Stati membri di favorire l'accesso per le coppie gay ''a istituti giuridici quali coabitazione, unione registrata o matrimonio''. Sollecita poi la Commissione Ue ed i Governi a ''garantire'' l'attuazione ''senza discriminazioni basate sull'orientamento sessuale'' della direttiva Ue sulla libera circolazione, ''proponendo misure per riconoscere reciprocamente gli effetti dei documenti di stato civile''. Un invito quindi ad accettare unioni e matrimoni sancite in altri Stati UE. Il Parlamento europeo, approvando a maggio 2012, una risoluzione comune sulla 'Lotta contro l'omofobia in Europa', ''condanna con forza tutte le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere'' e ''deplora vivamente che tuttora, all'interno dell'Ue, i diritti fondamentali delle persone 'Lgbt' (lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ndr) non siano sempre rispettati appieno''. L'Europa condanna inoltre le ''violenze'' a cui sono sottoposti i collettivi Lgbt e chiede agli ''Stati membri'' di ''dare l'esempio'' sul terreno della lotta alla discriminazione basata sull'orientamento sessuale. Un invito all'eguaglianza che si spinge oltre le frontiere della Ue.

Arriviamo ai diritti dei detenuti: quanto sono Europeisti i nostri politici?
La risoluzione del Parlamento UE sui diritti dei detenuti, dicembre 2011 Il Parlamento Europeo ha sollecitato gli Stati membri ad adottare urgenti misure per garantire che siano rispettati e tutelati i diritti fondamentali dei detenuti. In particolare, il Parlamento UE ritiene che dovrebbero essere applicati, in tutti gli Stati membri, standard minimi comuni di detenzione e sottolinea l'importanza di concedere protezione specifica alle detenute madri e ai loro figli, anche attraverso l'uso di misure alternative alla detenzione nel migliore interesse del bambino. Tra le priorità indicate:
  • garantire che siano rispettati i diritti fondamentali, in particolare il diritto alla difesa e all'accesso a un legale, e che siano garantiti i diritti degli indagati o degli imputati, compreso il diritto a non subire trattamenti inumani o degradanti; stanziare risorse per la ristrutturazione e l'ammodernamento delle carceri; 
  • tutelare i diritti dei detenuti; 
  • riabilitare e preparare con successo i detenuti per il rilascio e l'integrazione sociale; 
  • promuovere il miglioramento delle strutture carcerarie negli Stati membri, al fine di dotarle di idonee attrezzature tecniche, ampliare lo spazio disponibile e renderle funzionalmente in grado di migliorare le condizioni di vita dei detenuti, garantendo comunque un elevato livello di sicurezza; 
  • invita gli Stati membri a garantire che la detenzione preventiva rimanga una misura eccezionale da utilizzare nel rispetto di rigorose condizioni di necessità e proporzionalità e per un limitato periodo di tempo, in ossequio al principio fondamentale della presunzione di innocenza e del diritto di non essere privati della libertà; 
  • lottare contro il suicidio nelle carceri e a svolgere sistematicamente inchieste imparziali allorché un detenuto muore in carcere; lottare contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. 

E poi si arriva al tema dei migranti: quanto sono europeisti i nostri politici?
La migrazione internazionale può contribuire alla crescita economica dell'Unione europea (UE) nel suo complesso, oltre a fornire le risorse per i migranti e i loro paesi d'origine e contribuire così al loro sviluppo. Può essere un'opportunità, in quanto fattore di scambio umano ed economico che permette alle persone di raggiungere le loro aspirazioni. Tuttavia, vi è la necessità di gestire la migrazione in maniera tale da tenere conto delle capacità d'accoglienza dell'Europa sul piano del mercato del lavoro, degli alloggi, dei servizi sanitari, scolastici e sociali, proteggendo i migranti dal rischio di sfruttamento da parte di reti criminali. E in termini un po’ più pratici: cosa intendiamo fare riguardo la cittadinanza ai figli dei migranti residenti?

Potrei continuare a lungo e chiedere se i nostri politici intendano almeno leggere la Carta sulla gioventù, o magari interessarsi di ambiente (dicendoci chiaramente cosa pensano di fare con i nostri rifiuti o con le bonifiche dei siti contaminati), o, ancora più “terra terra”, come intendano mettere in sicurezza il nostro territorio e se nella loro Agenda ci siano parole come “L’Aquila”, “Emilia”, “Liguria” eccetera.
Mi interessa inoltre l’idea che avrebbero i nostri politici sulla formazione, cioè della scuola e delle Università; se intendano, cioè, usare ancora test e prendersela poi con la “scuola” se i risultati non risultassero comparabili con quelli di altri paesi europei o se, al contrario, intendano intervenire sulla scuola pubblica finanziandola adeguatamente. E ancora se intendano, per esempio, valutare gli effetti della riforma Universitaria e rivalutare il ruolo della formazione pubblica o se, semplicemente, lasceranno scorrere tutto così come va, non intervenendo sul finanziamento del Diritto allo Studio e sui progetti di scambio Internazionale (sono solo esempi). Se ritengono, inoltre, che sia corretto demandare la ricerca a raccolte di denaro tra i cittadini e non, invece, aumentando la quota di finanziamento a ricerca e innovazione.

Mi fermo qui: io sono europeista e per questo voterò solo chi si occuperà di questi temi.

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