domenica 21 aprile 2013

Riflessioni a caldo






 Non sono una politologa né tanto meno un’editorialista. Mi andava però di scrivere qualcosa in questo “day after” storico. Qualcosa sul PD: non un’analisi di ciò che è successo al livello nazionale anche se, lasciatemi dire,  persino il tempismo di questa implosione è sbagliato; il PD non è mai esistito come partito e temo sia vero.
Ma il PD ha perso non solo al livello di politiche nazionali, ergendosi a sinistra del paese, bensì  localmente dove, in troppi casi, ha fatto straripare metodologie clientelari, opacità, rifuggendo le istanze dei cittadini. 

Il PD è imperdonabile quando nei suoi comuni, piccoli e grandi (non tutti, intendiamoci), non è trasparente o, peggio, fa finta; quando condendo con l’aggettivo “sinistra” un qualsiasi intervento, lo gestisce in modo personale, favorendo gli amici e denigrando i “nemici”; quando insulta chi chiede spiegazioni; quando rifugge il confronto; quando si chiude. 

Non si possono consegnare a Grillo le istanze che in tanti, singole associazioni, gruppi di cittadini, tesserati di partito, chiedono con modi e argomentazioni assai approfondite, da tempi “non sospetti”.
A L’Aquila, tanto per fare un esempio, non mi sembra che ci sia stata alcuna partecipazione da parte dei “detentori del potere” né dei movimentisti del  5 stelle, quando si parlava con “esperti” di democrazia partecipativa, di bilancio partecipativo, di trasparenza, quando si si richiedevano criteri, si facevano domande, anche accuse, perché no!  Quando si cercava di incanalare le giuste richieste di una città in ricostruzione verso una strategia comune, che non fosse solo essere contro qualcuno, ma provare a coincidere come comunità.

Se si ha il sospetto che qualcosa di via via ingravescente abbia dettato legge nella localizzazione del progetto C.A.S.E., negli appalti per i puntellamenti e poi, ancora, nell’attribuzione di fondi per una città che vuole divenire universitaria, bè, un problema c’è ed è gigantesco. E portarlo alla luce, o almeno cercare, non è un delitto, è un dovere per chi ha la sfortuna di essere nato di sinistra.
L’attaccamento alle poltrone, locuzione che indica in genere il non volersi togliere dai piedi mai, non è solo un modus vivendi di chi arriva alle alte vette, ma succede anche localmente e il PD lo fa, regolarmente, adducendo ragioni che minimo minimo assomigliano a quelle di stampo berlusconiano.
Gli “inciuci” (termine che aborro) non avvengono solo al livello nazionale, anzi, al livello locale assumono caratteri aberranti: promesse pre-elettorali di posti di alto livello sono all’ordine del giorno e, pensate, una volta messe a nudo, vengono ritenute normali, sì normali.

Non si può consegnare a Grillo tutto ciò, compresa la candidatura di Rodotà: non mi sembra di aver visto oceani di movimentisti a 5 stelle al Teatro Valle Occupato, giusto una settimana fa, né, tanto meno, nelle altre mille occasioni ove si parlava di “beni comuni”. 

E’ tardi oramai? Forse no. Sfasciatevi e definiamo “sinistra” solo ciò che lo è.
Essere di sinistra oggi non è per niente facile.

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