martedì 1 ottobre 2013

So’ sajita a casa mè



So’ sajita a casa mè  (Sono salita a casa mia)

“Me parea che passu passu se sajesse a j’infinitu” (mi sembrava che passo dopo passo si salisse verso l’infinito), e lo dico davvero, anche se sono solo cinque piani.

La prima cosa che ho pensato vedendola è stato “Il terremoto qui non c’è più”.
Forse perché per tanto tempo l’ho vista deperire, con i segni di quella notte incisi ovunque, poi l’ho vista rotta e buia (a causa delle impalcature); forse perché per troppo tempo ho sentito l’odore dell’abbandono e della paura.
Oggi era luminosa, non ancora terminata, ma la prima foto che ho scattato è questa: il panorama sull’Aquila e le sue (poche) gru da una delle mie finestre.



Poi ho cominciato ad immaginarla col parquet per terra, le finestre, le porte che ho voluto nuove di zecca, e ancora ad odorare i profumi delle mie piante o della cucina. Ho finto che fosse un giorno qualsiasi e che gli elettricisti fossero miei amici. Ho così ricordato la mia dispensa, i miei bicchieri e tutte le mie foto. Sembrava fossero lì.

Il terremoto non c’era più. Per un attimo è sparito.
Magie di casa.

La mia casa: le impalcature stanno scomparendo. Ci vorrà ancora del tempo, ma è bello vedere che qualcosa va avanti


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