lunedì 16 marzo 2015

Un mondo di plastica (prima puntata)





 


Ho deciso di inaugurare una rubrica a puntate dal titolo “Un mondo di plastica”, perché credo sia necessario mantenere la memoria di come era il mondo prima che divenisse polimerico.
Sarò ogni volta molto breve perché so che i post lunghi non li legge nessuno

Sono nata nel 1957 e il primo ricordo che ho di me e mia madre risale al 1959-60. Ero caduta accidentalmente fratturandomi la gamba, che mi fu ingessata. La mia memoria rievoca l’immagine di mamma che mi faceva giocare a “capare le lenticchie” porgendomele sul seggiolone, di legno. Quello stesso seggiolone che fu di mio fratello maggiore e passò poi ai miei successivi 3 tra fratelli e sorelle. A corredo di questo ricordo ci sono anche le mie lacrime e urla quando vidi una  mezzaspecie di motosega con la quale un infermiere,  grande e grosso,  mi tagliava il gesso sulla gamba. Mia madre, per farmi ridere, mi diceva che dentro il gesso avevano trovato una manciata di lenticchie.
Di giocattoli, poi,  la memoria mi restituisce un triciclo, rosso, interamente di metallo, anche il sellino: era stato già dei miei cugini e di mio fratello.
La mia era una famiglia non ricca, ma agiata, tuttavia, pensate un po’, non si sprecava nulla e si riciclava il riciclabile: giocattoli, vestiti, scarpe e tanto altro.
Insieme alla mie sorelle mi vantavo di avere un armadietto per gli abiti delle bambole del tutto simile a quello per i nostri vestiti: era di legno, smaltato di rosso. Sulla neve si usava lo slittino di legno.

Ho anche ben presente che prima di passare al bagnetto settimanale nella vasca da bagno, mia madre mi (ci) lavava in una bagnarola metallica smaltata e, a riguardo, un mio neurone ha conservato ancora una volta le mie lacrime e urla di quando mi sciacquavano i capelli, con il capo riverso all’indietro. Anche mio figlio aveva la stessa reazione isterica allo sciacquo del capello, da cui ho dedotto che la genetica è come la matematica, non è un’opinione. 

Le bottiglie che dei miei tempi di bambina erano tutte di vetro:  quelle del vino, delle bibite (gassosa o spuma) e tutte venivano riciclate. Il vuoto era a rendere.  Si cominciò a non renderlo tutto  quando ci dotammo del “tura bottiglie” – quello per i  tappi a corona- e cominciammo ad usare le bottiglie delle bibite per la conserva di pomodoro.
Papà comprava il vino nei fiaschi e una volta finito, li riportava indietro vuoti. A casa si beveva poco: solo mio padre un bicchiere di vino a pasto e, anche durante le feste, non si stappavano fiumi di alcol. Una mia zia, l’unica non astemia, beveva qualche bicchiere durante le feste e la si considerava un po’ strana in questa sua abitudine anche se, vi assicuro, beveva assai meno di  tante persone di oggi, compresa me.

L’acqua in bottiglia, rigorosamente di vetro,  esisteva ma la bevevano solo i malati: ricordo l’acqua Fiuggi e più in là la Ferrarelle. A me non piacevano. Talvolta si comprava l’idrolitina che serviva a fare le bollicine nell’acqua, per farci contenti. Le bottiglie vuote si riportavano al negozio.

In questo puzzle di rievocazioni appare improvvisamente  qualcosa di plastica: si tratta di una bagnarola, bianca. Dovevano essere i primi anni sessanta.  Era arrivato il Moplen.
Moplen è stato il marchio registrato di una nota materia plastica, il polipropilene isotattico,  un polimero del propilene, un derivato delle lavorazioni degli idrocarburi.
Il nuovo prodotto fu sintetizzato  negli anni cinquanta da  Giulio Natta e l'invenzione gli  valse il Premio Nobel per la chimica nel 1963. Con un tempismo incredibile, pochi anni dopo la scoperta,  a Ferrara venne inaugurato il primo impianto per la produzione di polipropilene che produsse in un anno le prime 10 mila tonnellate. Questa plastica venne salutata da tutti come un’invenzione utilissima, come infatti fu, e le case degli italiani si colorarono di secchi, stoviglie, giocattoli indistruttibili.
Quello fu il primo cambiamento che negli anni si riflesse sulla vita di tutti noi.
Il testimonial della campagna pubblicitaria dl Moplen era il grandissimo Gino Bramieri, nel video.

Fine prima puntata



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