Monte Amaro della Majella (2793 m) |
Vado in
montagna da quando ero bambina e con mio padre ho imparato a conoscerla. La
prima volta che andai al Velino, dovevo avere 13/14 anni, mio padre mi svegliò
alle 3.30 del mattino e non so che cosa avrei dato per rimanere al letto. Ma
glielo avevo promesso, così mi alzai nel pieno della notte. Per le prime tre
ore di cammino, da Rosciolo, non facevo altro che pensare a come sarebbe stato
bello essere nel mio letto. Ci fermammo al fontanile del Sevice, bevemmo,
mangiammo qualcosa, e continuammo. Arrivati sul Sevice, che io credevo fosse il
Velino, mi si stagliò davanti una piramide nera ed io chiesi: «Cos’è quello,
papà?». E lui: «Il Velino». Per un attimo credo di averlo “odiato”. Ma poco
dopo mi ritrovai a correre verso la vetta, lasciando indietro tutti gli altri
che arrancavano. Quando raggiunsi la cima sentii una sensazione per me nuova e
la scrissi sul registro di vetta. Non ricordo cosa scrissi, ma da quel momento
divenni “la scrittrice ufficiale dei registri di vetta”.
In realtà non si andava per vette, ma ne raggiunsi alcune. Molte del Velino-Sirente, altre del Parco Nazionale d’Abruzzo. Non so dire con precisione quante volte ho scalato il Velino, o il Bicchero, o il Monte Viglio o Pizzo Deta, o ancora quante volte ho fatto colazione al Lago della Duchessa o al rifugio di Forca Resuni, alla grotta delle Fate, ai Tre Confini, o sulla Meta.
Dopo i miei 23 anni, le escursioni si diradarono: lo studio, il lavoro, poi il matrimonio e i figli mi allontanarono da una forte passione.
La ripresi 15 anni
fa condividendola con l’uomo che da allora mi sopporta, di origini umbre e un’adolescenza
sui monti Sibillini.
Da allora
abbiamo scalato il Corno Grande, almeno una volta l’anno, così il Pizzo
Cefalone, e le montagne del Centenario. Sempre, ogni anno, al lago della
Duchessa, a Colle dell’Orso, Val Maone, il Sirente, la Val di Teve, che da soli appagano.
Da due anni ho preso a collezionare vette appenniniche sopra i duemila metri. Più che un gioco lo definirei un obiettivo. E pian piano ho conosciuto davvero i monti dell’appennino centrale. Non solo il Gran Sasso e il Velino- Sirente, ma anche i monti della Laga, i Sibillini, la Majella e il Parco Nazionale D’Abruzzo.
La mia prima escursione per collezionare cime fu sui Monti Ernici-Simbruini dove, dopo una salita bella e lunga, per circa 4 ore rimasi in cresta, oltre i duemila metri, e raggiunsi cinque cime. Non l’avevo mai fatto: la sensazione fu stupenda, come volare.
Così ho continuato a concatenare cime e a volare.
Ho volato
sulle alte cime del Velino, sorvolando i Piani di Pezza, Campo Felice, tutte le
valli percorse da bambina, i rifugi, i boschi; poi sulle cime della Laga,
planando su prati verdi, laghi, cascate e fiori; sulle Montagne del Parco
Nazionale d’Abruzzo, accompagnata dal bramito dei cervi e dal rumore dei tuoni
lontani; sui monti Simbruini sbirciando la mia terra natia, la Marsica; infine
alla Majella, che mi ha rapito, volavo sul mare.
In molti mi
chiedono quali siano le montagne più belle ed io rispondo: «Tutte».
Il Velino mi
riporta indietro nel tempo, quando ero bambina, il Corno Grande è possente, la
cresta del Monte Corvo è lunghissima, quella del Gorzano è un prato verde, dal
Pizzo di Sevo il panorama è mozzafiato, sul Costone conto le cime che ho
percorso, il Sirente è il balcone d’Abruzzo, il Cagno lo vedo dalla finestra di
casa, la cima dello Scalone sorvola stazzi immensi, il Terminillo mi fa
scoprire un Gran Sasso diverso, del Cefalone mi piacciono le “roccette”, della
cresta del Morrone la vista sul Lago della Duchessa, dal Monte Tremoggia mi è parso di vedere la Croazia e potrei continuare per
tutte le 101 cime che ho raggiunto.
Non ho vinto
nulla se non il titolo di “Medio Appenninista” del Club2000. Per conquistare
quello di “Grandissimo appenninista” dovrei scalare altre 142 montagne. Non
posso arrivarci, perché alcuni percorsi, anche se non sono alpinistici, non
fanno per me. Arriverò fin dove i miei limiti me lo permetteranno.
L’importante è volare.
E poggiarsi sulla luna (in foto il mio allunaggio sul Monte Amaro della Majella)
L’importante è volare.
E poggiarsi sulla luna (in foto il mio allunaggio sul Monte Amaro della Majella)